Siamo nel 1923, quando Armando Pichi fonda la Casa Vinicola Armando Pichi. Questo vermut (così classificato come prodotto commerciale) che al gusto appare come uno stupendo passito, vede al luce ufficialmente nel settembre 1934 con il nome di “Ronchi”. Perchò questo nome? Tantissime sono le ipotesi più o meno avvalorate dalla tradizione popolare e dai vari detentori del marchio; sulla scorta di alcuni e rari elementi documentati, fusi con la storia del periodo e dei suoi personaggi, proverò accontare una versione che credo sia la più vicina alla realtà. Ronchi è un nome che oggi dice poco alla maggior parte delle persone, qualcuno più appassionato di storia lo potrà collegare al Comune di Ronchi dei Legionari, in provincia di Gorizia, località che vide partire la spedizone di D’Annunzio per il tentativo di conquistare Fiume. Una prima traccia di questo possibile collegamento ci è data dalla presenza nell’archivio della Camera di Commercio, di due marchi di vini liquorosi depositati, a distanza di uno, due anni, da due case vinicole livornesi concorrenti: nel 1935 abbiamo il “Vino tipico speciale Ronchi dei Legionari” della ditta Razzaguta e nel 1936 il “Vino liquoroso Ronchi degli Eroi” della ditta Pentassuglia, a dimostrazione di come il prodotto avesse preso piede nei gusti cittadini e non solo. Entrambe le aziende falliranno nel 1939. In ogni caso si nomina sempre Ronchi, quindi è un chiaro riferimento al fatto che il nome di questo vino/passito/vermut abbia avuto origine per commemorare un evento preciso legato a personaggi che avevano importanza nella città labronica. Come spiegare il collegamento tra il comune giuliano e Livorno? Per risolvere questo dilemma dobbiamo far entrare in gioco alcuni personaggi di quel periodo di storia italiana. A Livorno nasce nel 1876 Costanzo Ciano, padre di quello che sarà genero di Mussolini. Costanzo era un grande amico di Gabriele d’Annunzio (avevano progettato e partecipato alla Beffa di Buccari nel 1918) ed il vate era un assiduo frequentatore del litorale toscano (basti pensare alla celebre poesia “La pioggia nel pineto”, ospite particolare quando Ciano (soprannominato Ganascia) organizzava le famose Cacciuccate, storica quella di Piazza Mazzini nel 1936. quindi l’ipotesi è che alla fine di queste mangiate fosse necessario avere un liquore sobrio e dal gusto unico non è poi così campata in aria. Un inciso sulla versatilità di D’Annunzio, vi è un’ampia documentazione che attesta come il liquore Aurum sia una creazione del vate, come gusto, nome e forma della bottiglia, quindi perchè non pensare che tra amici “camerati” ed in collaborazione di qualche gerarca si sia cercato di farne un vino che richiamasse le imprese dell’ospite e del pardone di casa da gustare convivialmente? La ditta di Armando Pichi, grazie anche ad altri prodotti, ma soprattutto per il Ronchi Pichi, si espanse, e figura tra i principali produttori di vermut nella Gazzetta Ufficiale del 1942, al pari della Martini e Rossi. Poi nel dopoguerra , avviene un radicale cambio di gusti ed abitudini, ma il Ronchi Pichi rimane la bevanda tradizionale per il bindisi dei laureati all’Università di Pisa. Tuttavia, i nuovi beveraggi portarono il Ronchi Pichi ad una lenta e costante decadenza ed alla fine degli anni Ottanta dopo essere passato di produzione da altre due ditte, cessò la produzione. Ma come accade per le cose di valore, per le tradizioni che dormono ma non muoiono, il lungo periodo di oblio finisce quando Alessandro Cicali, titolare della ditta Sparla e Gerardi, produttore di vini liquorosi tradizionali, rileva marchio e ricetta ed inizia a produrre il Ronchi Pichi mantenendo l’etichetta tradizionale.